Il Mondo animale: la Fenice
Fenice
Il mito della Fenice, si ritiene a torto, sia sorto nell’antico Egitto, in realtà era conosciuta in tutta l’Asia molto più anticamente.
La sua rappresentazione ornava pitture ed era un talismano ricercato per la sua positiva influenza.
La Fenice come uccello sacro era posto spesso nella parte anteriore del cocchio reale trainato da cavalli presso gli Assiri.
Curioso notare che tale immagine vi era anche nella raffigurazione del cocchio del Faraone preceduto da un falcone.
La Fenice però fu rappresentata come espressione del Sole che passa dalla declinazione Sud a quella Nord, ovvero il Sole che “muore” andando verso il Solstizio d’Inverno e che risorge all’Equinozio di Primavera, risorgendo dalle proprie ceneri.
Naturalmente, la Fenice era immagine analogica della morte iniziatica, che ogni Uomo di buona Volontà doveva affrontare per poi risorgere nel Corpo di Luce.
Gli Egizi la chiamarono Bennu, probabilmente aprtire dal termine assiro bânu, che vuol dire brillante, luminoso di intensa luce.
La rappresentazione geroglifica mostra la Fenice con un ciuffo dietro la testa, la rappresentazione dell’uccello mitico, vista la dipendenza dell’Egitto dai ritmi del Nilo, non poteva che essere quella con la fisionomia di un trampoliere. Questa rappresentazione ci porta aconsiderare tutta la tradizione cultuale osiridiana e del sommo dio Ra.
Entrambi, Osiride e Ra erano spesso rappresentati dal moto apparente del Sole, a cui era poi associato l’uccello Bennu.
Talvolta lo si ritrova rappresentato con le braccia all’altezza del petto protese verso la Stella Sothis, Sirio, che tanto ha rappresentato nella sacralità egizia, nel senso di “stella annunciante il sorgere del Sole”.
Osiride, del resto, in particolari testi sacri, appella se stesso come Bennu, in relazione alle tre fasi importanti: nascita, morte e resurrezione.
Presso i templi di Eliopolis Osiride era adorato nell’ipostasi di Bennu che giungeva ogni cinquecentoanni sull’altare dedicato al Sole trasformato in una pira funeraria dove Bennu si immolava. dalle sue ceneri usciva un piccolo verme che nel giro di una giornata tornava ad essere un Bennu.
Il mito evidenzia che, al contrario di altri animali fantastici che potevano essere molti, Bennu era unico sulla Terra.
L’ipotesi che dietro a questa “strana” apparizione solitaria si nascondesse una verità di natura tutt’altro che superstiziosa potrebbe riagganciarsi alla relazione con il Ciclo sotiaco, di Sirio, di circa cinquecento anni.
Presso i Greci e i Latini il Bennu egizio divenne Phoenix, la Fenice.
Probabilmente risulta plausibile che sia stato Esiodo a dargli tale nome, come sostengono sia Erodoto che Plinio insieme ad altri autori.
Anzi nei suoi racconti Erodoto (Storie, II, 73, 1-4) riporta proprio la morte-ressurezione di questo mitico uccello con qualche particolare in aggiunta.
Altri autori rimasero più fedeli alla tradizione spettacolare della morte e ressurrezione di Bennu.
Naturalmente per i primi cristiani era ovvio associare la morte-ressurezione del Cristo con quella dell’uccello mitologico.
Non ci stupisca che tale ipostasi della ressurezione del dio secondo gli egizi passasse, perciò, senza grandi modifiche nelle rappresentazoni cristiche della ressurezione di Cristo.