Ulteriori considerazioni fisiche sui colori e sulla luce

La teoria dei colori

Il nostro occhio percepisce solo una piccola parte delle onde luminose esistenti in natura; a questa corrisponde uno spettro di sette colori: il rosso, l’arancio, il giallo, il verde, l’azzurro, l’indaco e il violetto.

Il fisico inglese Isaac Newton dimostrò, nel 1672, che la luce, che vediamo bianca, è in realtà composta dai sette colori dello spettro solare.

Nel suo esperimento Newton fece passare un raggio di luce attraverso un prisma di cristallo.

Il raggio si scompose così nei sette colori dello spettro solare, dimostrando che il bianco è la somma di quei colori.
Una cosa simile accade nell’arcobaleno: la luce che passa attraverso le piccole gocce d’acqua, sospese nell’aria dopo una pioggia, si scompone nei sette colori dello spettro (con tutte le relative gradazioni intermedie).

Ne deriva quindi questa osservazione: l’oggetto che riflette tutte le onde luminose appare bianco (bianco = somma di tutti i colori); l’oggetto che assorbe tutte le onde, senza restituirle ai nostri occhi, viene visto dai nostri occhi nero (nero = assenza di colori); l’oggetto che assorbe tutte le onde tranne uno, ha il colore corrispondente a quell’unica onda ( ad esempio: un oggetto che non assorbe il verde, viene visto dai nostri occhi verde).

Per questa ragione alcuni artisti definiscono il bianco e il nero “non colori” perché il bianco è dato dalla somma di tutti i colori, il nero dall’assenza di colori.

Noi siamo abituati ad attribuire il colore bianco agli oggetti che riflettono l’intera gamma di radiazioni luminose.

Se un oggetto bianco è illuminato da una sorgente rossa, rifletterà solo luce di questo colore.

Ma il nostro occhio “vede” che in quell’ambiente particolare il rosso è la totalità della luce, quindi un oggetto che rimanda all’osservatore la totalità della luce presente sarà percepito come bianco.

Il problema è che un oggetto opportunamente colorato di rosso si comporta nello stesso modo, ingannando il nostro senso in modo che solo un’osservazione in un ambiente diverso può aiutarci a ripristinare la verità.

Si tratta però di un caso-limite, perché nella maggioranza dei casi il nostro apparato visivo riesce a compensare gli squilibri della luce dell’ambiente attribuendo agli oggetti il colore che avrebbero se illuminati dalla luce del Sole.

È quello che accade, per esempio, quando indossiamo un paio di occhiali da sole: se le lenti sono verdi, per esempio, il nostro cervello “amplificherà” automaticamente la percezione dei colori complementari (la gamma dei magenta), tanto che dopo un attimo il mondo esterno non ci apparirà più tutto verdastro, ma con i suoi colori naturali.

La suddivisione dei colori

I colori si suddividono in primari, secondari e terziari.

I colori primari: rosso, blu e giallo, non possono essere generati da altri colori.
I colori secondari: arancio, verde e viola si ottengono mescolando due primari in parti uguali.
Mescolando due colori primari in quantità diverse, si ottiene un colore terziario.
All’interno dei colori primari e secondari, abbiamo tre coppie di colori detti complementari.

Ogni coppia di complementari è formata da un primario e dal secondario ottenuto dalla mescolanza degli altri due primari.

Per sapere qual sia il complementare del colore primario giallo, vanno mescolati gli altri due primari, il rosso e il blu: si otterrà il viola che risulta essere il complementare del giallo.

Ogni coppia ha in sé un colore poco luminoso ed uno molto luminoso.
Nelle coppie giallo – viola, rosso – verde, arancio – blu, il primo colore è molto più luminoso del secondo.

Se si accostano i colori complementari si ottiene un effetto di massimo contrasto: i due colori acquistano forza cromatica rafforzando a vicenda la luminosità di entrambi.
Se si pone un colore luminoso al centro del suo complementare meno luminoso, l’effetto di contrasto e di complementarità è particolarmente evidente.